Di che parlano i miei testi? All’inizio hanno parlato della mia famiglia: ne ho una piuttosto complicata che mi ha sempre fornito un ottimo materiale! Scherzi a parte, credo che sia stato normale partire da li per iniziare il viaggio della scrittura, da quei rapporti con genitori e fratelli su cui si modella la prima identità di una persona.
Sono nati cosi’ “Pesach” che parla del rapporto con la memoria e con la propria identità umana (l’azione ruota intorno a una Madre piuttosto ingombrante, sopravvissuta alla Shoah e a una cena di Pesach piuttosto movimentata), “Terapia antidolore” che affronta la morte di un Padre e ancora una volta il tema del distacco e della crescita oppure il monologo “Dimmi” (che trovate nelle “drammaturgie”) dove addirittura interpreto in prima persona bisnonna, nonna e mamma in un gioco di ricostruzione storico-emotiva.
Poi ho sentito il bisogno di “andare nel mondo” e sono nate storie che mi sono state ispirate dall’incontro con gli altri o da problematiche della nostra vita sociale: ho scritto due testi sull’immigrazione femminile, “Le Nuvole tornano a casa” nel 1998 dopo la prima ondata di immigrazione albanese e più recentemente “La badante, una storia di fantasmi” nel 2006-2007 sul fenomeno, appunto, delle badanti, che devono lasciare famiglia, paese e affetti per venire a occuparsi di noi.
Ho scritto poi una trilogia di monologhi, tre storie italiane alquanto insolite e “borderline”: “Nema problema”, storia vera raccontata da un mio amico sulla guerra serbo croata, “Odore di santità”, un grido di dolore e solitudine di un prete pedofilo, reso folle dagli abusi e dalla scissione con il proprio corpo e “Blu”, storia di crescita di una ragazzina del sud che decide di abortire e di staccarsi dal paese per trovare il proprio “colore”.
Ma ho parlato anche della malattia, della coppia, della memoria, del tradimento, della dittatura, della disoccupazione e della crisi…
E adesso?
Chissà. Io sto in ascolto….